La Torre della Rosa d'Argento https://silverrose.globalfreeforum.com/ |
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Liriche per la Torre https://silverrose.globalfreeforum.com/viewtopic.php?f=2&t=3462 |
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Autore: | Compagna [ 02/11/2007 - 16:57 ] |
Oggetto del messaggio: | Liriche per la Torre |
La Torre di Alessandria era un Faro, quella di Babilonia un'immagine dei cieli in movimento, un giornale di bordo del viaggio del sole e della luna; e Shelley aveva le sue Torri, che egli una voltà chiamò le coronate potenze del pensiero. Dichiaro che questa Torre è il mio simbolo; dichiaro che la sequenza di questa scala a chiocciola che si leva a spirale e s'avvita è la mia scala ancestrale; Vi son saliti quel Goldsmith e il Decano, Berkeley e Burke. Swift, battendo il suo petto in sibillina frenesia, accecato perchè il cuore nel suo petto, gonfio di sangue, lo aveva trascinato giù nell'umanità, Goldsmith deliberatamente, suggendo al calice di miele del suo spirito, e Burke dal capo altezzoso, che dimostrò lo Stato essere un albero, che questo invincibile labirinto d'uccelli, secolo per secolo, non fa cadere che foglie morte sull'uguaglianza matematica; e Berkeley nominato da Dio, che dimostrò tutte le cose essere un sogno, che questa assurda, pragmatica scrofa del mondo, con una figliata tutt'altro che solida, svanirebbe all'istante se lo spirito non mutasse il suo tema; La Saeva Indignatio e il salario dell'operaio, la forza che dà al nostro sangue e allo stato la magnanimità del proprio desiderio; ogni cosa che non sia Dio consumata dal fuoco dell'intelletto. W.B. Yeats (da La Scala a Chiocciola e Altre Poesie) |
Autore: | Compagna [ 02/11/2007 - 16:58 ] |
Oggetto del messaggio: | |
LA TORRE I. Che cosa devo fare di questo assurdo, O cuore, o cuore turbato, di questa caricatura, Dell'età decrepita che m'è stata legata Come alla coda d'un cane? Mai io ebbi Più eccitata, più appassionata, più immaginosa Fantasia, né orecchio, né occhio Che più si aspettassero l'impossibile, No, nemmeno nell'infanzia, quando con lenza e insetto, O con il più umile verme, salivo il dorso dei Ben Bulben E avevo tutta la lunga giornata d'estate davanti a me. Sembra ch'io debba invitare la Musa a far fagotto, Scegliere Platone e Plotino per amici Finché la fantasia e l'orecchio e l'occhio Imparino ad accontentarsi di disquisizioni e occuparsi Di cose astratte; o essere deriso da Una sorta d'ammaccato pentolino alle calcagna. II. Cammino sulla merlata e guardo Le fondamenta d'una casa, o dove Albero, simile a un dito fuligginoso, sorge dalla terra; E spiego la fantasia Sotto il raggio declinante del giorno, e chiamo Immagini e memorie Dal rudere e dagli alberi antichi, Perché vorrei fare una domanda a essi tutti. Dietro quel crinale stava la Signora French, e una volta, Quando ogni candeliere d'argento o doppiere Illuminavano il mogano oscuro e il vino, Un servo, capace di divinare Ogni desiderio di quella onoratissima signora, Corse, e con le cesoie del giardiniere Mozzò le orecchie d'un fattore imertinente E le portò a lei in un piattino coperto. Alcuni ricordavano ancora, quand'ero giovane, Una contadinella celebrata in una canzone, Vissuta in qualche parte di quei luoghi rocciosi, E lodavano il colore del suo volto, E trovavano più gioia nel lodarla, Ricordando che, s'ella vi passava, I fattori s'accalcavano alla fiera, Tanto fukore conferiva il canto. E alcuni, esaltati dalle rime, E dall'aver brindato in suo onore venti volte, Si levavano dal tavolo e proclamavano giusto Di mettere la loro fantasia alla prova degli occhi Ma scambiavano la luce della luna Per la prosaica luce del giorno - La musica li aveva dissennati - E uno di essi annegò nella grande palude di Cloone. Strana cosa, ma l'uomo che compose il canto era cieco; Tuttavia, a ripensarci, non trovo La cosa affatto strana; la tragedia cominciò Con Omero, ch'era cieco, Ed Elena ha tradito tutti i cuori viventi. Oh, possano la luna e la luce del sole sembrare Un solo raggio inestricabile, Perché se io trionfo farò impazzire gli uomini. E io stesso ho creato Hanrahan E l'ho fatto uscire ebbro o sincero nell'alba Da un qualche luogo delle case vicine. Irretito dai malefizi d'un vecchio Incespicò, capitombolò, brancicò qua e là, E n'ebbe in compenso le ginocchia rotte E un orrendo splendore di desiderio; Tutto questo immaginai vent'annni fa: Alcuni buoni diavoli mescolavano carte in un cortile antico; E quando fu la volta di quel vecchio cialtrone Egli così stregò le carte sotto il pollice Che tutte meno una sola divennero Una muta di cani e non un mazzo di carte, E quella egli trasformò in lepre. Hanrahan si levò come invasato E seguì gli animali latranti verso... Ahimé, ho dimenticato verso che cosa... basta! Devo far parola d'un uomo che né amore Né musica né l'orecchio mozzo d'un nemico Potevano, tanto era angosciato, rallegrare; Un personaggio divenuto a tal punto favoloso Che nessuno è rimasto a raccontare Quando finisse i suoi giorni da cane: Un vecchio padrone di questa casa andato in rovina. Prima di quel crollo, per secoli, Rozzi armigeri, con i legacci incrociati sino al ginocchio, O calzati di ferro, salivano le strette scale, E certi armigeri v'erano, La cui parvenza, riposta nella Grande Memoria, Yiene con alto grido e petto ansimante A rompere il riposo d'un dormiente Mentre grossi dadi di legno battono sul tavolo. Poi che tutti io vorrei interrogare, venga ognuno che può; Venga il vecchio bisognoso sopra il suo ronzino; E porti il cieco fantasioso landatore della bellezza; L'uomo rosso che il giocoliere mandò Attraverso campi abbandonati da Dio; la Signora French, Dotata d'un orecchio cosí fine; L'uomo annegato nel fango d'una pallide, Quando muse beffarde scelsero la contadinella. Tutti i vecchi e le vecchie, e ricchi e poveri, Che calcarono queste rocce o varcarono questa porta, Imprecarono, in pubblico o in segreto, Come io ora faccio, contro la vecchiezza? Ma ho trovato una risposta in quegli occhi impazienti d'andar via; Andate, dunque; ma lasciate Hanrahan, Poiche ho bisogno di tutte le sue possenti memorie. Vecchio vizioso con un amore in ogni vento, Evoca da quella tua profonda mente sagace Tutto ciò che hai scoperto nella tomba, Perché di sicuro tu hai Calcolato ogni imprevista, cieca Caduta, allettato da un occhio suadente, O da un tacco o un sospiro, Nel labirinto d'un'altra creatura; Si sofferma di più la fantasia Sopra una donna avuta o una donna perduta? Se sopra la perduta, ammetti che tu ti scostasti Da un grande labirinto per orgoglio, Codardia, qualche sciocco pensiero troppo scaltro, O quel che un tempo si chiamò coscienza; E che se il ricordo, ricorra, il sole Entra in eclissi e il giorno è cancellato. III. E' tempo ch'io faccia testamento; Scelgo uomini ritti in piedi Che risalgono i torrenti sin dove Sgorga la polla, e all'alba Gettino la lenza a fianco Della pietra stillante; dichiaro Ch'essi dovranno essere credi del mio orgoglio, Orgoglio di gente che non era Legata né a Causa né a Stato, Non a schiavi sputacchiati, Né a tiranni che sputavano; Della gente di Burke e di Grattan, Che dava, sebbene libera di rifiutare.. Orgoglio, pari a quello del mattino, Quando la luce precipita è sciolta, O del corno favoloso, O dell'acquazzone improvviso Quando tutti i torrenti sono secchi, O dell'ora Che il cigno deve fissare l'occhio Sopra un barlume che svanisce, Remigare sopra un lungo Ultimo tratto di fiume scintillante, E lì cantare il suo ultimo canto. E dichiaro la mia fede: Irrido al pensiero di Plotino E grido in faccia a Platone Che vita e morte non furono Fin che l'uomo non creò il tutto, Armi e bagaglio, Dalla sua anima amara, Sì, sole e luna e Stella tutto, E aggiungete a questo ancora Che, morti, noi sorgiamo, Sognamo e così creiamo Il Paradiso translunare. Ho preparato la mia pace Con dotti cimeli italiani E le orgoglioso pietre della Grecia, Fantasie di poeta E memorie d'amore, Memorie di parole di donne, E tutte le cose di cui L'uomo fa un sovrumano Sogno a somiglianza di specchio. Come nella feritoia lassù Le cornacchie ciarlano e stridono, E accumulano ramoscelli, strato su strato. Quando saranno ben alti, La cornaochia madre poserà Sulla concava cima, E in tal modo, riscalderà il suo nido selvaggio. Lascio la fede e l'orgoglio Ai giovani ritti in piedi Che salgono il fianco della montagna Per gettare nell'onda un insetto Allo scoppiare dell'alba; Anch'io foggiato di quel metallo Sin ch'esso fu spezzato Da quest'arte sedentaria. Ora farò la mia anima, Costringendola a studiare In una dotta scuola Sin che il naufragio del corpo, Il lento decadere dei sangue, Lo stizzoso delirio O l'ottusa decrepitezza, O qualsiasi peggior male possa venire La morte degli amici, o la morte D'ogni occhio scintillante Che mozzava il fiato in gola - Paiano non altro che nubi del cielo Quando l'orizzonte svanisce; O il grido sonnacchioso d'un uccello Tra l'ombre che s'addensano. W.B. Yeats |
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